Presentazione
(Ab)Usare di superlativi assoluti per descrivere il luogo in cui si vive abitualmente potrebbe risultare solo una cinica banalità, soprattutto se da quest'esaltazione potrebbe derivarne un ritorno economico in termini turistici. Che importa, poi, se le aspettative create sono disattese...tutto è business!
Non è più cinica banalità quando quell'opinione è condivisa anche da chi non ha legami di nascita con quel luogo e vi si trova lì per "evento" o "accidente".
E' questo il caso dell'articolo in questione, redatto per "Filo Diretto", periodico di informazione ed attualità del Gruppo Bancario MPS, dal Direttore Alberto Quintiliani: un excursus lucido, preciso, diretto e (ma solo a tratti) malinconico in cui descrive la sua condizione di giovane funzionario di banca, trasferito "in una filiale di frontiera e molto disagiata" nel 1973 (in piena crisi petrolifera), lontano dalla città natale (Terni) e dalla sede centrale della banca (Siena). Chissà perché me lo immagino nel momento in cui, dopo aver avuto notizia della località in cui era stato destinato, tra sé e sé esclama "Che jella!". Ma questo giusto il tempo di prendere coscienza di quale spettacolo naturale avrebbe fatto da cornice ad alcuni suoi anni di carriera per realizzare che, in fondo, quell'"accidente" gli ha causato un impatto emotivo che dura tutt'ora!
Mariarosaria Pisacane
"SINDROME DI STENDHAL" e.... ricordi lontani....
di Alberto Quintiliani
Parto dal titolo di questo mio scritto per allargare l'analisi di questo "malessere psicosomatico", conosciuto - oltre che come "sindrome di Stendhal "- anche come "sindrome di Firenze", che, come noto, identifica vari disturbi, appunto psicosomatici, fra cui confusione ed anche allucinazioni in soggetti particolarmente sensibili alla visione di opere d'arte di straordinaria bellezza. E quale opera d'arte, anche la più bella, può reggere il confronto e provocare altrettanti - e secondo il mio modesto avviso - più intensi turbamenti, intense sensazioni....... "tu chiamale se vuoi... emozioni"..... (come direbbe la coppia Mogol-Battisti) se non la contemplazione delle "opere d'arte della natura"? Intendo riferirmi - soltanto a titolo di esempio - a suggestivi e policromi tramonti, alle carrellate di nuvole cangianti che vagano per il cielo, assumendo i contorni e le più oniriche forme, ispirate dalla fantasia di chi le osserva, al bosco in autunno che spazia in una sinfonia infinita di colori, alle note musicali suonate dal vento tra i rami, al visino "innocente ed incontaminato" di un bambino. Soprattutto la contemplazione delle bellezze del creato procura, ovviamente in chi le apprezza come me, la "Sindrome di Stendhal", relegando in una seconda - tuttavia onorevole - posizione le opere d'arte umane, per quanto straordinarie possano essere.
Non avendo certo la competenza del mondo dell'arte, propria del mio amico Paolo Scardigli, ed avendo invece un'anima più da "musicista", sono maggiormente orientato ad apprezzare la natura nelle sua varie espressioni "artistiche". E proprio su questo versante voglio oggi soffermarmi, con l'ausilio indispensabile di qualche fotografia, per mettere "sotto i riflettori" un angolo di Paradiso: la meravigliosa costiera amalfitana, patrimonio culturale e mondiale dell'UNESCO, che si estende da Vietri s/m fino al "gioiello" Positano toccando suggestive località litoranee: Cetara, Maiori, Minori, Ravello (che domina dall'alto la costiera) Atrani, Amalfi (antica ed importante Repubblica Marinara che un tempo teneva alla larga dalla costiera le orde dei Saraceni), Conca dei Marini, Furore, Praiano.
La costiera offre la visione di panorami mozza fiato che potresti ammirare per ore ed ore, beandoti di tanta suggestiva bellezza, a patto - beninteso - di essere lontani dal traffico ed in una posizione idonea.
Tra i tanti ringraziamenti, e profondo affetto che mi lega e mi legherà per sempre al nostro Istituto - come noi "anziani" abbiamo sempre chiamato il Monte dei Paschi di Siena - uno in particolare sento di doverlo (a posteriori... anche se non all'epoca!!!) per avermi destinato nel lontano 1973, appena promosso funzionario, in una Filiale che a quel tempo era, impropriamente, considerata di "frontiera" e molto disagiata: " Maiori, appunto, sulla costiera amalfitana, facente parte del Gruppo di Salerno, appena costituito dopo l'acquisto della Banca Cavese e di Maiori e la Banca Scarlato. Ma a questo punto mi sto accorgendo che l'ago della bussola si sta orientando verso i (... "ricordi lontani"...), quindi faccio una breve virata per sottolineare che da un punto di vista lavorativo il sud dell'Italia era allora considerato una sorta di "legione straniera" in quanto molto lontano dalla "Capitale Siena" e anche dalla mia città di origine Terni. E' da considerare che in quegli anni, a parte la Puglia, il Monte si fermava non ad Eboli, ma, poco prima, a Salerno. Nei lunghi ed interminabili viaggi in treno per ritornare a casa (non sempre!) nei fine settimana (eravamo entrati nella prima crisi petrolifera che impediva l'utilizzo delle auto private) io ed il mio amico Carlo De Julis - meno fortunato di me in quanto allora destinato a San Marzano sul Sarno - scoprimmo, analizzando i paralleli di una carta geografica dell'Italia piazzata in un vagone ferroviario, che Salerno era più a sud di Bari, con l'amplificazione ulteriore della sensazione di profonda lontananza, per due pendolari come noi. A quel tempo il Monte era infatti quasi completamente assente al Sud: niente Calabria, niente Sicilia, niente Sardegna. Pochi "kamikaze", all'epoca, erano disposti ad avventurarsi in zone ritenute lontanissime di cui non si interpretava tanto bene neanche la lingua comunemente parlata (perlomeno il dialetto locale). Tuttavia come ci hanno a suo tempo indottrinato nei vari corsi di formazione, ogni vincolo (nel mio caso trasferimento) comportava delle opportunità (conoscenza di nuove località, persone, esperienze diversificate). E per me aver conosciuto Maiori e la costiera amalfitana è stato un impatto emotivo molto forte, che mi ha legato e mi lega ancora profondamente da circa 35 anni a quelle zone ed alla sua gente, Maiori in particolare di cui sono profondamente innamorato.
Ma viriamo ancora ed orientiamo nuovamente l'ago della bussola sulla costiera amalfitana che è bellissima da ogni parte la si guardi: dalla strada o dal mare. Ma la visione che io prediligo è quella che si gode dall'alto: Ravello, ed anche "Più Su" - come canta Renato Zero - dove spessissimo mi avventuro in sella alla mia vecchia, ma ancora efficiente, Vespa P200, per essere lontano dal traffico, dalla confusione, e gratificare lo spirito, "assaporando" quei capolavori della natura, per provare una intensa sensazione di benessere, di pace, di serenità ed immaginare di vivere in un mondo irreale, prima di essere di nuovo "risucchiato" nella realtà e sopportare i vari tormenti quotidiani: le diatribe politiche, la recessione, l'apprezzamento dell'euro, la crisi del dollaro, l'aumento del petrolio, la concorrenza cinese, il caro vita - elementi, questi, come sempre sapientemente documentati dagli articoli di Gianfranco Gamboni - la violenza, il traffico, i "proclami" del Presidente di Confindustria e dei Sindacati, i digiuni di Marco Pannella e così via cantando.
Naturalmente le stesse sensazioni, anche se la prospettiva è profondamente diversa, si provano guardando la costiera dal mare: le mille insenature, l'acqua che cambia continuamente di colore, le grotte naturali, le spiaggette nascoste ed anche le "brune Sirene", il tutto in una splendida visione in "Cinemascope". Certo contemplando questi angoli di paradiso non ti aspetteresti di impattare con l'altra faccia - meno lucente - della medaglia e che ti ricorda, in negativo, la presenza dell'uomo ed i danni che vengono procurati alla natura. A parte il mare - calzante esempio dell'inciviltà dell'uomo, che più o meno è caratteristica universale - per la presenza in alcuni tratti di ogni tipo di rifiuto galleggiante, portato dalla corrente, fra cui le famigerate buste di plastica non degradabili, se non dopo svariati anni. Ma guardando più attentamente ho scoperto in qualche parte della costiera, nei muri rocciosi di contenimento, vari fori di forma irregolare che a prima vista potrebbero essere scambiati per fenditure o anfratti naturali e che mimetizzavano invece "normali finestre di costruzioni abusive".
Comunque, anche se rattristati, non immalinconiamoci troppo di questi - peraltro limitatissimi - aspetti meno belli che non "scalfiscono" assolutamente il fascino della "divina costiera" e che purtroppo sono ormai comuni ad altrettante splendide località italiane: "homo homini lupus".
E alla fine di questo breve e per me "affettuoso" pensiero sulla costiera amalfitana vorrei concludere con una malinconica ed intensa poesia di un amico del mio periodo lavorativo a Maiori, il compianto Notaio Vincenzo Sessa, che recita di una rara perla della costiera, suo "buen retiro": lo "scoglio di Furore" (la cui denominazione attuale proviene dal suo antico nome che era "Terre Furoris", per via dell'assordante frastuono che, nelle notti di tempesta, il mare ed il vento producevano contro le alte pareti del suo fiordo). Ma prima della poesia vorrei citare, anche se in maniera meno lirica, le considerazioni del noto "anchorman" televisivo Bruno Vespa, che, riferendosi ad un suo vino particolare, così parla di Furore: "....e fantasticai intorno a quale mitologico incrocio di mare e di vento avesse partorito a Furore, uno degli orridi più affascinanti della costiera amalfitana, quel vino così diverso da tutti, così difficilmente descrivibile, ma seducente come una sirena alla quale non si possa resistere...."
Ma concludendo adesso veramente ecco la lirica di Vincenzo Sessa:
Dallo Scoglio di: "Fiordo di Furore"
E' solo uno aspetto, certo molto importante, del mio immenso mondo, nel quale, in perenne ansia cerco di realizzare l'assurdo.
E' una accorata preghiera a Dio perché trionfi l'amore.
E' oasi pura nella mia corsa verso la morte.
E' rugiada vera nel mio arido lavoro.
E' argilla che, con passione nervosa, cesello senza soluzione perfetta.
E' la cura del corpo senza l'aiuto dei medici e dei farmaci.
E' reazione violenta contro la ipocrisia.
E' la mia vera grande vittoria contro la realtà positiva e programmata che, dilagando, distrugge.
E' tenace contrarietà alla paura, alla passività, alla ignavia, fino allo eccesso del pollice verso.
E' il mondo mio nel quale vivo operando in dialogo musicale con la natura.
E' il più armonioso appuntamento d'amore.
Qui mi sento di possedere una forza indomabile, fino a traslare un "tutore della legge" in un" fuori legge"
- co a capa tosta
ansioso del correttivo sapiente del migliore, ma più ansioso ancora di accendere la fiaccola del dialogo in cui, il corrispettivo che chiedo, è solo quello di lasciarmi un gradito ricordo, offrendomi così la possibilità di perpetrare un furto.
Per gli altri mi sia permesso dire: "Tollero le visite brevi".